( da un manoscritto di Checchino
Martino )
Impegno per la famiglia, la
scuola, la società
Sono nato il 27-9-1923 in Castelverrino (Is)
e mi venne imposto il nome di Checchino. Nel corso della mia vita, le conoscenze
di amici non sono mancate e i tanti amici, in maggioranza di provenienza umile
come me, non hanno mai dimenticato, sia pure e distanza di tempo, il mio nome,
ritenuto, da altri, singolare!
I miei primi passi, dunque, li ho mossi
nel mio paese ove ho balbettato le prime parole, prima fra tutte: MAMMA.
Mio padre si chiamava Michele e mia madre
Meccia Adelina. Mio padre, agricoltore, ha speso l’intera vita al lavoro dei
campi; mia madre, casalinga, lo aiutava, come poteva, nei lavori più leggeri.
Avevo un fratello di nome Antonio il quale morì in tenera età alla presenza di
mio padre intento a lavorare in una campagna in agro di Pietrabbondante. Avevo,
allora, solo quattro anni, ma ricordo benissimo il giorno in cui la sua bara
venne seguita verso l’ultima dimora dal babbo e dalla mamma straziati dal dolore
e da tanta gente commossa. Mi venne riferito che, lo ricordo bene, mentre i
rintocchi della campana suonavano il vespero, mio fratello si inginocchiò
facendo il segno della croce e cadendo riverso a terra. Frequentava il ginnasio
presso il collegio “Massaioli” di Sassocorvaro in provincia di Pesaro.
Le scuole elementari le ho frequentate in
paese. Mi corre l’obbligo di ricordare la mia maestra Pratola Maria Misischia,
la quale non trascurava di offrire, giorno dopo giorno, amore e luce in me e in
quanti ebbero il piacere e la fortuna di essere alle sue cure. Terminate le
scuole elementari, col duro e penoso lavoro dei campi, che ,all’epoca, non
conoscevano i mezzi moderni adoperati in agricoltura, ma con il bidente, la
zappa e la vanga, mio padre mi mandò nel collegio Bonanni di Agnone per
frequentare la Scuola Media. Quanti ricordi durante i tre anni di vita trascorsi
in collegio, quanti momenti di vita particolare vissuta all’insegna della
irrequietezza con i tanti compagni che mi piace ricordare: Vincenzino Meccia di
Castelverrino, Giaccio Nicola, Antonio Di Iorio, Settembrino Giancola di
Pietrabbondante, Porrone Domenico di Poggio Sannita, Margiotta Lorenzo di
Pescopennataro ed altri. Irrequieto ed irrequieti in collegio e a scuola, non
mancavano punizioni severe meritate. Non mancavano impreparazioni a scuola di
tanto in tanto. Ricordo con piacere il Prof. Arciprete Di Pasquo, il quale un
giorno mi chiamò per essere interrogato in latino. Era il giorno della mia
impreparazione! Il Prof. Di Pasquo, con la sua severità caricata da tanta
umanità, rivolto a me e ai compagni, ebbe ad esclamare: “Checchino Martino lo
faremo sindaco di Castelverrino!” (questa sua affermazione si avverò nel 1952).
Terminate le medie nella città di Agnone,
mio padre mi mandò a frequentare le scuole Magistrali, ospite del Collegio
Comunale, a Veroli, in provincia di Frosinone. Ricordo bene che in collegio
eravamo circa 250 presenze, in maggioranza meridionali. Una grande famiglia
guidata da tanti Istitutori, da tanti professori provenienti anche da Roma, dal
Rettore Giovanni Lombardi, che per tutti era il pater familias. Veroli, patria
del Maiuri, è stata ed è ancora per me un secondo paese natìo, per le conoscenze
avute, per l’istruzione ricevuta, per l’educazione acquisita a contatto di
compagni provenienti da estrazioni sociali diverse e che oggi, merito loro,
occupano o hanno occupato posti di responsabilità presso i vari Ministeri della
nostra Patria. Veroli è una città molto antica, ricca di civiltà romana, gelosa
custode di una cattedrale che merita di essere visitata. Chi da Alatri è diretto
a Veroli, deve necessariamente passare sotto l’arco di Porta Romana, ove sono
scolpite sulla pietra le seguenti lettere: S.Q.V.R., significano: il Senato e il
popolo di Veroli. Ogniqualvolta noi convittori, tornando dalla passeggiata,
imboccavamo Porta Romana, in coro dicevamo: “Sempre pensai qui venire, venuto
qui pensai scappare!”
Nel collegio di Veroli ero in compagnia
di cugini di Vastogirardi: Marracino Domenico, Ugo, Franco. Intanto potetti
entrare nel Collegio Comunale di Veroli, in quanto i miei cugini avevano uno zio
prete Cherubino Marracino, docente presso il liceo Giulio Cesare di Roma, amico
intimo del Rettore del Collegio Giovanni Lombardi. Grazie ancora al Prof.
Arciprete Marracino per essere stato un benefattore nei miei confronti e dei
suoi nipoti. Arrivai alla resa dei conti! Correva l’anno 1941 quando sostenni
l’esame di abilitazione e, grazie a Dio, mi venne consegnato il Diploma che
lascio gelosamente in custodia alle mie figlie: Adele, Marcella, Antonietta. La
maturità magistrale mi diede diritto all’insegnamento, nello stesso anno, nella
cittadina di Bagnoli del Trigno e precisamente nella frazione S. Maria.
Giovincello scherzoso alle prime armi, nel mio primo impatto con i bambini di
campagna che mi vennero affidati, seppi districarmi e non poco per portare
avanti il mio lavoro per il quale la Scuola nulla mi aveva dato per affrontarlo.
Non mancarono consigli di colleghi anziani maturi d’esperienza per superare le
difficoltà che mi si presentavano. Correvano gli anni più belli della mia
giovinezza ed ero tanto gioioso perché partecipe della gioiosità e della
soddisfazione di mio padre Michele che aveva visto tradursi in realtà il suo
sogno: fare di me una maestro elementare! A Bagnoli seppi riscuotere le simpatie
di quanti ebbero modo di conoscermi, simpatie che, ancora oggi, ho il piacere di
annoverare quando, di tanto in tanto, vi recapito, per far visita o restituire
la visita ad un amico che risponde al nome di Silvio Greco, ma meglio conosciuto
se chiamato “Sciuscilitto”. Ci conoscemmo il 1941, le nostre simpatie furono e
sono ancora oggi reciproche, sicché spesso ci vediamo ricordando le nottate
trascorse a “Terra di coppa” e “Terra di Vascie”, cantando canzoni dell’epoca,
con altri amici, accompagnate dal suono di fisarmoniche, chitarre e mandolini.
Il suono dolce, melodioso di tali strumenti, erano frutto di una scuola di
musica aperta dal Maestro Cassone. Esisteva anche una fanfara di bambini guidata
da Luigi, figlio del maestro Cassone. In occasione della festa della Madonna
della Libera in Castelverrino, contrattata da me, la fanfara prestò servizio in
paese, riscuotendo il plauso del popolo soprattutto perché formata da bambini.
La vita non corre sempre nel senso
desiderato! La gioia, la spensieratezza, vennero troncate da una disgrazia in
famiglia: mio padre, colpito da insolazione dopo una giornata di lavoro vicino
ad una trebbia sotto il sole cocente d luglio, cadde malato e, colpito da
afasia, per ben quattro anni venne assistito da me, dalla mamma, da zia
Filomena, Amalia e tante altre brave persone legate alla mia famiglia da vincoli
di amicizia che, all’epoca, era veramente disinteressata, non come ai giorni
nostri! Il giorno in cui venne a mancare, ebbe la forza di sussurrare:
Checchino!, e mentre gli ero vicino al capezzale rese la sua anima al Signore.
A mio padre, con tutta la forza del mio sentimento, dedicai queste poche parole
dettate dal cuore e trascritte nel ricordino funebre dato a quanti lo
conoscevano: ”Babbo adorato, mi abbandonasti proprio quando avevo maggiormente
bisogno di Te. Dall’alto dei cieli confortami ed aiutami per percorrere, nel
corso della mia vita, la via dell’onore e del sacrificio. Benedicimi e conforta
il mio immenso dolore”. Il mio apostolato scolastico, senza ombra di
presunzione, è corso da Bagnoli del Trigno a Castelverrino, da Belmonte
(frazione Carcamo) a S.Pietro Avellana (frazione Cerro), da Rionero Sannitico
(frazione Casabona) e infine di ruolo a Castelverrino, ove ho avuto il piacere
di trasmettere quanto di meglio avevo a tanti giovani che oggi hanno un loro
lavoro dignitoso onorando se stessi, la loro famiglia, il loro paese. Non è
mancato qualche pizzico d’ingratitudine nei miei confronti da me
francescanamente sopportata anche perché un proverbio cinese è sempre
d’attualità: “ Non fare del bene se non sei pronto a ricevere ingratitudine”. E
durante la mia vita scolastica, con l’aiuto, mai venuto meno, di mia moglie
Adalgisa Bertoni, ho provveduto all’educazione delle mie figlie: Adele,
insegnante elementare di ruolo e dottoressa in materie letterarie nelle scuole
di Carovilli prima e, attualmente, insegnante d’inglese presso la scuola “I.
Silone” di Isernia; Marcella, titolare di licenza liceale classica funzionario
presso l’INAIL di Isernia; Antonietta, insegnante elementare, attualmente
Fisioterapista presso l’Ospedale di Isernia. Vita mia e di mia moglie fatta di
grandi sacrifici! A bordo della prima “Lambretta” comparsa in Alto Molise,
accompagnavo mia moglie a prestare servizio presso l’Ufficio Postale di Agnone,
col bello e cattivo tempo, per rientrare subito a Castelverrino per fare scuola.
Dopo Agnone, mia moglie prestò servizio presso l’Ufficio di Poggio Sannita fino
a quando, grazie a Dio, non arrivò il trasferimento a Castelverrino.
Scrivo questi ricordi all’età di 72 anni
che, ringraziando il Signore, porto avanti
egregiamente. Agli amici che si
complimentano, rispondo: “Più mi guardo e più divento giovane anche se i miei
folti capelli, brizzolati più che mai lasciano immaginare un vecchio canuto e
stanco”.
Sempre in giro a bordo della mia
macchina, trovo sempre il conforto e la simpatia di amici che hanno avuto ed
hanno ancora un giudizio positivo nei miei confronti.
Correva l’anno 1952 quando il popolo di
Castelverrino doveva eleggere un Consiglio Comunale per guidare le sorti del
paese privo, all’epoca, di qualsiasi servizio. La messe era poca e pretendenti
alla carica di Sindaco furono due: Martino Checchino e Ottorino Fxxxxxx. La
Democrazia Cristiana non assegnò il simbolo dello Scudo Crociato né a me, né al
signor Fxxxxx il quale presentò una semplice croce ed io un libro aperto e due
spighe di grano con la scritta “Pace e Lavoro”. La lotta si presentò dura, ma la
maggioranza del popolo era con me. Le simpatie nei miei confronti superarono i
confini comunali sicché anche Agnone, Pietrabbondante ma soprattutto Poggio
Sannita tifavano per me e per la mia lista. Armoniose, chiare furono le quartine
cantate in paese, per le campagne pervenute dalla vicina Poggio Sannita da
parte del Comitato Provinciale D.C. nella tornata elettorale del 1956.
Mi piace riportarle per ricordarne
l’Autore Avv. Giuseppe Iacovone:
La voce di Poggio agli amici di Castelverrino
Benché nei fatti altrui
Non vada messo il becco
Noi or dobbiamo dirvelo
-
Votate per don Checco
Egli vi rappresenta
In una forma egregia;
il ben persegue, vigile,
e il male assai dispregia.
Fine, vivace, accorto
Centauro coraggioso,
è per l’azione rapida,
nemica del riposo.
Si rende assai simpatico
Per questa effervescenza;
spesso ci fa lietissimi
quassù, con la presenza.
Le sue fotografie
Vediamo in ogni sito;
di lui molte intraprese
sappiamo a menadito.
Ei nell’agon politico
Ha le colonne a fianco
E ben può far miracoli
Così, di punto in bianco!…
Le prove son tangibili,
e non ve ne scordate
quando con la matita
nella cabina entrate.
Considerar bisogna
Che, senza di don Checco,
voi, sì vicini al fiume,
prendete…un granchio a secco!
Noi attendiamo, amici,
da Voi una notizia
che ci darà, sappiatelo,
particolar letizia.
Vogliam che si telefoni:
“ Pronto? Castelverrino?
E’ confermato Sindaco
Il bravo don Checchino
Poggese e Todertino
Ad ogni quartina, c’era il ritornello:
“e già si sa, don Checchino comanderà!”
La vittoria fu netta, schiacciante,
tant’è che il capolista avversario non risultò nemmeno con la minoranza.
Appena l’insediamento, un lungo corteo
dalla Casa Comunale con in testa il Sindaco, si snodò per le strade del paese.
Era presente anche l‘On/le Sammartino. Sembrava la festa del Corpus Domini. Non
me ne voglia il Signore! Coperte che sventolavano dai balconi, baciate dal sole
e accarezzate da un lieve venticello; canti popolari e tante quartine di cui ho
parlato prima. Passando davanti casa del signor Meccia Settimio, cognato dello
sconfitto, dallo stesso mi fu offerta una rosa, che mi fece ricordare quella che
il Maroncelli offrì al medico austriaco che gli aveva amputato la gamba nello
Spielberg alla presenza del Pellico. L’onorevole Sammartino, nell’assistere al
gesto così civile, ebbe a dirmi: -Checchino, veramente un momento da non
dimenticare!- Da ricordare il coraggio dell’elettore signor Meccia Michele fu
Pasquale il quale andò ad esprimere il suo voto spontaneo, perché sentito nei
confronti della lista “Spiga e Libro”, dimesso solo da qualche giorno
dall’ospedale ove gli era stato asportato il rene dall’allora Prof. Stangoni.
Dopo pochi giorni dall’insediamento, ci fu il relax del partito amministrativo
alle “Pezzelle”, ove venne consumata tanta grazia di Dio. Fu presente anche
Bacco che, per l’occasione, fu più che generoso perché si verificò qualche
scaramuccia ma, tra virgolette, “senza spargimento di sangue”.
Era il Fxxxxx Ottorino guardiabosco
dei fratelli Mola di Napoli in località Rocca Tamburri. Il Fxxxxxx, durante la
campagna elettorale, propagandava che, se avesse perso, avrebbe impedito agli
agricoltori di Castelverrino, che transitavano per una strada che sfociava sulla
provinciale Pietrabbondante-Agnone per andare a vendere vino e frutta a
Vastogirardi, di servirsi di questo passaggio. Appena la sconfitta, venne messo
un cancello, ma che venne subito rimosso grazie all’azione immediata
dell’Amministrazione Comunale in concorso col Sindaco di Agnone Corradino
Iannelli, che emise ordinanza di rimozione in quanto detto passaggio cadeva in
agro di Agnone. Il Comune di Castelverrino dovette affrontare un giudizio, ma
tutto si risolse favorevolmente a dispetto di una prepotenza, di un’alterigia
che il popolo punì con votare ”secco” il simbolo “Spiga e Libro”. Fu il primo
impatto con quanto c’era da fare in favore della collettività! Ma il problema
grosso che dovetti affrontare con i collaboratori eletti, fu quello di fare
giustizia anche di un altro signore, tale Francesco Paolo Lxxx,
sub-distributore dell’UNES, ente che erogava l’elettricità nell’ambito del
Comune. E’ necessario ricordare che il Lxxxx non forniva luce di giorno in
quanto, a suo dire, mancava un terzo filo nella rete pubblica. Intanto in casa
sua, durante la giornata, la luce non mancava, e, mentre lui poteva ascoltare la
radio, in tutte le abitazioni di Castelverrino la corrente non c’era non solo di
giorno, ma, spesso, anche di notte, anche quando soffiava il minimo venticello
che dava motivo al Lxxx di lasciare spento tutto il paese esternamente e
internamente alle abitazioni! Che pena! Anch’io, in prima persona, sopportavo
queste vere e proprie angherie quando, in tempo di vendemmia, bisognava pigiare
l’uva, torchiarla nelle cantine al lume della lucerna ad olio, che ricordava la
vita dell’uomo primitivo nelle caverne. Prima di intraprendere un’azione di
forza nei confronti del signor Lxxx, nella qualità di Sindaco, furono fatti
tutti gli approcci per risolvere la situazione che mortificava tutto e tutti. Il
Lxxx trovava sempre pretesti come a voler dire: “Qui comando io!”. Armato di
una pubblica sottoscrizione popolare, con la quale mi si dava mandato di
adoperarmi con tutte le forze nel rispetto della legalità e del vivere civile
per risolvere l’annoso problema della “luce di giorno” in Castelverrino, sposai
la causa con l’ardore degli anni più belli della mia giovinezza e, confortato
dalla serietà dei colleghi collaboratori dell’epoca, col Consiglio Comunale, mi
portai ripetutamente a Campobasso per affrontare e risolvere il problema con
l’aiuto e la comprensione dell’Autorità Prefettizia. Non ci fu sfiducia in noi
e, testardamente, portammo avanti la battaglia non per odio verso la ditta Lxxx,
ma per reclamare un nostro sacrosanto diritto. I tempi furono più che maturi
sicché l’allora Prefetto La Selva ebbe a dirmi in Prefettura: “Ho capito,
bisogna tagliare la testa al toro!”. E fu così che intervenne l’UNES nel
realizzare, nell’arco di soli 5 giorni, una seconda rete di distribuzione per
erogare luce anche di giorno. La ditta Lxxx che aveva sempre interposti tanti
problemi per tale servizio diurno, appena vide che la Società, da cui comprava
l’energia, provvedeva a quanto sopra, diede subito la possibilità di fruire di
energia elettrica di giorno, non tenendo più presenti le mille difficoltà che
avanzava prima per fare il proprio comodo a dispetto di una popolazione che
allora viveva col duro e penoso lavoro dei campi. Fu un vero trionfo, ma devo
ricordare che deludente fu il comportamento degli utenti. Solo tre persone: il
Sindaco, Francesco Amedeo Martino e Bertoni Armando annullarono il contratto con
la ditta Lxxx, facendone un altro con l’UNES, pagando £. 5.000 per diritti di
attacco. La massa, che pure aveva consentito di risolvere il problema con
pubblica sottoscrizione, non intese disdire con la ditta Lxxx e notoriamente si
sbandierava:” Ormai anche il Lxxx ci dà la luce di giorno ed è inutile fare
altro contratto con l’UNES per pagare 5.000 lire”. Il fatto non fu eclatante
sicché con delibera di Consiglio venne rescisso il contratto col Lxxx, dando
mandato all’UNES di provvedere all’illuminazione pubblica. La ditta Lxxx
dovette piegasi, per propria colpa, e costretta a vendere all’UNES. Fu una
seconda vittoria del Consiglio che rispondeva positivamente al mandato popolare!
Precedentemente a tutto questo, piace ricordare che, un anno, durante la festa
della Madonna della Libera, la banda di Castellino sul Biferno dovete suonare al
lume di acetilene. Erano le ore 23 quando il Sindaco sig. Vincenzo Fabrizio
(detto Catarro) con un lume Petromax in testa, seguito da altri con acetilene
accese la banda e tutto il popolo sfilò per le strade del paese per reclamare a
più non posso un diritto negato da parte della ditta Lxxx. Tale dimostrazione
spontanea fu il coronamento e completamento della festività religiosa tanto cara
a noi tutti . In piazza, davanti la lapide del Comune, che ricorda i
castelverrinesi che combatterono e vinsero la IV guerra d’indipendenza, la
dimostrazione ordinata, sentita, civile ebbe fine mentre le note del Piave
risuonavano nell’oscurità della notte. Si sentì un grido da parte dei musicanti:
“Viva Castelverrino!” e dei castelverrinesi “Viva Castellino sul Biferno!”.
Sfilando davanti l’abitazione del Lalli, il signor Michele Marzaiuolo ebbe a
gridare.” Abbasso Paolo Lxxx!”.
In Castelverrino non esisteva la Casa
della Scuola, non esisteva l’Asilo Infantile, la distribuzione idrica nelle
case, non esistevano le fogne. Grandi e gravi problemi si ponevano
all’attenzione del Consiglio. L’impegno fu grande, la partecipazione fiduciosa
dei Consiglieri nei confronti del Sindaco, la cui dinamicità era nota a tutti,
fece sì che, gradatamente, pur fra tante difficoltà, riuscisse a dare al piccolo
centro altomolisano la possibilità di essere alla pari dei centri limitrofi e
incamminarsi, decisamente, sulla via del progresso e della civiltà. La
sistemazione delle strade interne a mezzo di svariati cantieri scuola, la
sistemazione del muraglione antistante il cimitero, l’inizio della strada per
Pietrabbondante, voluta anche dal geometra Nicolangelo Amicone della vicina
Poggio Sannita ma oriundo castelverrinese per via materna, la gradinata centrale
del cimitero, erano il frutto di operosa attività amministrativa che trovava ,
però, intralci da parte di chi veniva ad essere espropriato di terreni per
pubblica utilità. Parlo di Marinelli Luigi fu Fiorangelo che si vide espropriare
il vigneto per realizzare l’edificio scolastico, di Armando Martino fu Vittorio
per vedersi espropriato il vigneto per la realizzazione dell’asilo infantile.
Nessuno poteva fermarci nella realizzazione di opere che ancora oggi
testimoniano che all’epoca non si dormiva ma si operava per il pubblico bene.
Collaboratori sinceri e decisi furono Fabrizio Antonio Pasquale, Zarlenga
Antonio fu Alessandro, Meccia Vittorino fu Pietro, Zarlenga Nicola Maria fu
Pietro, Zarlenga Gelsomino, Meccia Michelino, Pelorosso Ferdinando, Meccia
Michele, Meccia Ennio, Marciano Angelo e altri, tanti altri che nel corso dei
lustri hanno con me combattuto e vinto. Giunti all’anno 1956, per strada avevo
perduto qualche fedelissimo, per il fatto che non trovò in me la disponibilità
di accondiscendere ai suoi voleri personali. Nel 1956 trovai quale
oppositore il signor Fabrizio Domenico, che presentò il simbolo
“Bandiera” del partito Liberale. Anche in questa occasione non ci furono dubbi:
il Fabrizio fu sonoramente battuto e condannato da un voto popolare che fu
plebiscitario per la seconda volta. Rimarranno sempre nel mio ricordo le
ovazioni dei Poggesi nei miei confronti dalla immediata periferia del paese
denominata: “Conicella”.
E tutto questo fu possibile con la
collaborazione del Segretario Comunale Di Iacovo Giuseppe. Era il Di Iacovo un
uomo competente, con una carica di umanità che lo rendeva funzionario
equilibrato, uomo che affrontava il disagio di venire a piedi da Pietrabbondante
con l’applicato Frazzini Ottorino, il quale, con una pazienza da certosino, non
avendo, allora, il Comune possibilità finanziarie, rivoltava le buste della
corrispondenza . Quante volte il Consiglio terminava ad ora tarda: non c’erano
proteste da parte loro contro gli amministratori che allora si dedicavano al
lavoro dei campi e quindi, dopo una giornata di lavoro, appena cenato, davano la
loro disponibilità per il Consiglio, per deliberare e risolvere quanto c’era sul
tappeto. Vita amministrativa fatta di sacrificio all’insegna del dovere che era
per tutti senso di responsabilità e di serietà nei confronti di brava gente.
Nessun gettone di presenza per tutti. Scarse erano le disponibilità di bilancio
tanto che il medico condotto Camillo Carlomagno, attaccato ai castelverrinesi
verso i quali profuse tutta la sua bontà e la sua professionalità, non poche
volte non riscuoteva lo stipendio. E ancora oggi tutti lo ricordano, tutti
furono presenti alle esequie nella vicina Agnone, sua città di adozione. La
Signora Teresa, squisita nel suo portamento, custodisce gelosamente la pergamena
e la medaglia d’oro a lei consegnata dal Sindaco da parte dell’Amministrazione.
Strade poderali realizzate, strada di collegamento nella frazione S. Lucia e
distribuzione idrica non solo nella frazione ma anche in paese con realizzazione
della rete fognante; strada di circonvallazione dall’edificio scolastico a via
Croci; strada di circonvallazione da via Tufo alla zona storica che lambisce
piazza Dante Alighieri attigua alla Chiesa madre; realizzazione di pubblico
orologio fino al suo ammodernamento elettrico con campana regalata dal Sindaco;
impianto di pubblica illuminazione al neon nella frazione S. Lucia fino alla
cappella della Vergine festeggiata ogni anno la prima domenica di giugno. Il
paesino che era incamminato sulla via del progresso con l’Amministrazione che
aveva riconfermato per quasi 7 lustri, ebbe il suo sfogo viario con la strada
provinciale Castelverrino-Pietrabbondante.
Castelverrino si presenta più che
civettuola con le sue case ben sistemate internamente ed esternamente grazie
all’intervento della Protezione Civile per il terremoto del 1984. Castelverrino
era stata esclusa dall’intervento statale, sicché il Sindaco ebbe a scrivere
all’allora Ministro per conoscere quale Santo Emidio aveva risparmiato dal
terremoto il paese pur circondata da altri tre terremotati: Agnone.
Pietrabbondante, Poggio Sannita! E fu così che la somma di tre miliardi venne
stanziata per far cambiare totalmente volto al paese che prima si chiamava
Castelluccio, poi Castelluccio sul Verrino e, infine, Castelverrino.
Ma i tempi cambiarono e fu così che sei
consiglieri di maggioranza (rappresentavano le forze giovani di ricambio volute
dal sindaco stesso) fecero combutta con tre socialisti creando una nuova
maggioranza. Rimasi, io Checchino Martino, solo con la giunta e sei contro nove
eravamo spiazzati in quanto non si poté approvare neanche il bilancio. Volevano
le dimissioni del sindaco senza fornire le ragioni che li spingevano a tanto.
Non mi dimisi neanche quando, in una riunione del consiglio, mi penalizzarono
col ridurre l’indennità di carica da 400.000 lire mensili a 1.000 lire. Fui
felicissimo nel confermare le mie non-dimissioni, soprattutto perché ebbi modo
di ricordare il motivo e le parole di una bella canzone dei tempi andati: “ Se
potessi avere mille lire al mese!”. Furono maturi i tempi per il commissariare
il Comune e il Commissario, durante la sua gestione, riportò l’indennità del
sindaco da £. 1.000 a £. 400.000, cosicché riscossi gli arretrati. Furono
indette nuove elezioni e ripresentai la lista, per evitare le dicerie che ci
sarebbero state.
Sapevo di perdere, perché coloro i
quali sostennero la mia persona per tanti lustri, erano familiari della lista
giovani che si presentò in contrapposizione alla mia.
Ma si può obiettare: “ Se sapevi di
perdere, perché riproponesti una lista?”. Chi ha conosciuto il mio carattere mi
dà ragione: per non essere ritenuto un vile, il quale sapendo di perdere,
batteva in ritirata.
A conclusione di questi ricordi carichi
di amarezza e soddisfazioni, mi conforta il fatto di constatare nei paesi
limitrofi e lontani la stessa stima, la stessa simpatia, la stessa credibilità
che contraddistingueva la mia gestione amministrativa trasparente quant’altri
mai, la mia carica di umanità nei confronti di avversari amministrativi, di
gente conosciuta per caso e che, ancora oggi, ricorda quanto ricevuto senza
avere nulla dato. Seppi rappresentare il mio paese con dignità perché geloso di
un patriottismo che mi consentì di far conoscere i problemi del paese nei tanti
convegni fatti a suo tempo, ove non mancavo di far sentire la mia voce, il mio
disappunto, riscuotendo applausi di simpatia che ancora oggi, sia pure nella mia
età avanzata, riecheggiano perché la mia età non rappresenta un tramonto ma,
grazie a Colui che tutto muove, un’aurora che mi auguro si lasci vedere al terso
orizzonte ancora per tanti anni.
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